Il RCIH è dedicato a sostenere, organizzare ed implementare la ricerca in ambito accademico.
Il suo obiettivo è raccogliere le potenzialità, i progetti e le sinergie della faculty NABA offrendo un luogo di confluenza, incubazione e sviluppo interno alla nostra istituzione. Il RCIH è un incubatore che promuove la cultura dello scambio e delle buone pratiche nei diversi ambiti della ricerca artistica. Il comitato scientifico di RCIH è composto da Guido Tattoni, Silvia Simoncelli, Luca Poncellini, Maria Jaber, Emanuele Lomello, Ilaria Pavone ed Elisa Poli.
TO DISPLAY THE DISPLAY
POLITICS OF DISPLAY. Bodies | Spaces | Narrations
9.30-10.00 / Guido Tattoni (NABA Dean)
10.00-10.10 / Introduction
10.10-10.30 / Elisa Poli (NABA Research Programme Leader)
10.30-11.00 / Marcello Barison (Faculty of Design and Art, UniBz)
11.00-11.30 / Marco Scotini (NABA Visual Arts Department Head)
11.30-12.00 / Elvira Vannini (NABA Lecturer)
12.00-12.30 / Marcelo Expósito (Artist and NABA Lecturer)
12.30-13.00 / Q&A
HYPERMEDIATED. Display imagery | Digital | Web subcultures
14.45-15.00 / Introduction
15.00-15.30 / Roberto Gigliotti (Faculty of Design and Art, UniBz)
15.30-16.00 / Davide Ferrando (Faculty of Design and Art, UniBz)
16.00-16.30 / Vincenzo Estremo (NABA Lecturer)
16.30-17.00 / Anna Franceschini (Iulm University)
17.00-17.30 / break
17.30-18.00 / Vittorio Parisi (Director of Studies and Research, Villa Arson)
18.00-18.30 / Silvia Dal Dosso (Co-funder of Clusterduck)
18.30-18.45 / Institutional greeting of Luca Poncellini (NABA Design and Applied Arts Department Head)
18.45-19.30 / Roundtable mediated by Vincenzo Estremo
19.30-20.00 / Q&A
"Les objets d'un intérêt secondaire sont passés sous silence, les plus dignes d'attention marques d'un astérisque" (Karl Baedeker, Londres, ses environs. Manuel du voyageur, 1881). Lo scopo di questo intervento è analizzare la guida (libro, sito web, app.) come strumento di valutazione sociale e come progetto di design per ridurre e trasformare gli spazi fisici. Un complesso display urbano composto da linguaggi diversificati e spesso sovrapposti. Questi sono stati introdotti, a poco a poco, come azzeramenti progressivi in riferimento al concetto di differenziazione. Ogni aspetto della città reale viene ridotto e chiarito, nella moderna guida turistica, come un sistema gerarchico in cui ogni edificio, ogni opera d’arte, assume un ruolo determinato e deterministico. Il valore di una città è chiarito da un asterisco che evidenzia l'importanza di ogni elemento. La guida è allo stesso tempo un elemento di selezione e di riduzione: indirizza e costringe il viaggiatore a compiere passi obbligati. La sua natura ambigua è sottolineata dalla sua duplice funzione: è un archivio dei cambiamenti dello scenario urbano e, grazie alla sua enorme influenza, è diventata anche un motore di cambiamento.
BIOGRAFIA
Uno strano paradosso coinvolge lo statuto delle immagini nel mondo contemporaneo: da un lato esse vengono generate e diffuse con una strumentazione tecnologica che ha conosciuto negli ultimi decenni un impressionante tasso di innovazione, dall’altro il paradigma epistemico che descrive la loro forma è ancora quello vincolato al moderno concetto di rappresentazione. Quel che accade sugli schermi dei nostri device, così come quel che, da un punto di vista visuale e percettivo, viene recepito dal visitatore di un’esposizione, sembra ancora dipendere dalla struttura mediale della Vorstellung per poter essere pienamente esperito, dunque conosciuto e memorizzato. Si ritiene tuttavia che questo modello non sia oggi più giustificabile. L’esperienza visiva non si pone più come qualcosa di esterno, che il soggetto sia chiamato ad esperire attraverso gli organi di senso e a assorbire per il tramite di una ‘rappresentazione’, viceversa: la vita degli individui si costituisce internamente a un autentico mondo immaginale che è esso stesso il luogo dell’esperienza e della vita della coscienza, cioè del sé. Anche il concetto di esibizione, d’altra parte, non qualifica più un oggetto esterno, ma, basti pensare all’ambito dei social media, è la dimensione stessa in cui il sé si costituisce, come a dire che la vita è in quanto tale on display, esiste e si qualifica anzitutto nella modalità del display. Alla luce di queste considerazioni, e analizzando una serie di casi-studio tratti prevalentemente dalla storia dell’arte, del cinema e della tecnologia, il contributo proposto intende mettere in luce come sia necessario superare radicalmente i concetti classici di spazialità ed esperienza per formulare un’adeguata alternativa alla moderna metafisica della rappresentazione.
BIOGRAFIA
Non c’è mostra che non sia politica, inevitabilmente: al di là del contenuto espresso. Il discrimine è semmai tra mostre che sviluppano una politica a carattere emancipatorio (come esperimento, come promessa, come trasformazione) e mostre dal carattere egemonico (in senso gramsciano) il cui compito è legittimare l’ideologia dominante. Questa premessa si impone nel momento in cui, qui, parliamo di immaginario politico, facendo riferimento a mostre antagoniste che sfidano le narrative ufficiali e aprono spazi di dissenso. Compito di Disobedience Archive (delle immagini video e filmiche che lo compongono) è anche quello di rivelare il carattere mediatizzato della storia. Quali sono i documenti contenuti nell’Archivio? Il progetto Disobedience è un’indagine sulle pratiche di attivismo artistico che sono emerse dopo la fine del modernismo, inaugurando nuovi modi di essere, di dire e di fare. Un diverso tipo di rapporto tra arte e politica caratterizza l’attuale fase del capitalismo, in cui è impossibile comprendere i cambiamenti radicali della società se non attraverso la trasformazione dei linguaggi che essa produce e ha prodotto come soggetto politico e oggetto mediatizzato.
BIOGRAFIA
L’intervento intende analizzare le forme e le strategie del display femminista, i contro-modelli espositivi e le narrazioni, elaborate a partire dagli anni ‘70 e oggi riposizionate rispetto alla discussione internazionale sulla genderizzazione dell’exhibition-making (o “feminist curating”), in un intreccio di iniziative artistiche, comunitarie e pedagogiche - esposizioni, workshop, festival, camping e raduni - generando nuove epistemologie e narrative contro-egemoniche. L’analisi di diversi casi studio, da In♀Akt Manifesto: The Femifest, a Both Side Now: an International exhibition integrating Feminism and Leftist Politics, curata da Lucy R. Lippard presso Artemisia Gallery (Chicago, 1979), alle esperienze del Gruppo Immagine di Varese e la partecipazione alla XXXVIII Biennale di Venezia del 1978 con la produzione di un suggestivo environment, Dalla creatività femminile come maternità-natura al controllo (controruolo) della natura, fino a Comrade Woman: Women’s Question – A New Approach? (Drug-ca Žena: Žensko Pitanje – Novi Pristup?) dello stesso anno a Belgrado, per citarne alcune, ricostruiscono la sintassi espositiva da una prospettiva femminista: “situated and embodied knowledges”, pensare con il corpo e femminilizzazione dello spazio, decostruzione del paradigma eurocentrico e patriarcale della narrazione modernista.
BIOGRAFIA
Il noto prologo che Michel Foucault scrisse per l'edizione statunitense dell'Anti-Edipo era intitolato: "Introduzione alla vita non fascista". In questo intervento voglio proporre, attraverso il mio lavoro e altri progetti esterni o collettivi in cui sono stato coinvolto, come la pratica artistica possa consistere nell'invenzione di modi costruttivi (tecniche, come chiedeva Walter Benjamin) per essere e vivere diversamente (modi alternativi di soggettivazione, come richiesto da Félix Guattari). Produrre a noi stessi in modo emancipato significa oggi, ancora una volta nella storia, vivere in modo antifascista.
BIOGRAFIA
Overexposed Architecture” refers to a survey of 21st century architecture exhibitions (2000-2020), as the result of the three-year research project “Arch-Dis. Architecture in the age of display” conducted by Roberto Gigliotti at the Free University of Bolzano, with the collaboration of Nina Bassoli and the advice of Léa-Catherine Szacka and Davide Tommaso Ferrando. In this presentation we assume that «if architecture exhibitions were once only a reference to something else, the architecture exhibition is now the referent, whose traces become more important than the event itself», to quote Szacka. But what exactly are these traces? What, in fact, do architecture exhibitions produce today? We will articulate a series of possible answers around five tentative categories as promises, spaces, images, transgressions and transformations.
BIOGRAFIA
La recente diffusione delle piattaforme di streaming ha introdotto una nuova serie di pratiche all'interno dell'ambiente domestico. Interni privati, adeguatamente messi in scena, diventano il supporto spaziale per la produzione e la trasmissione di contenuti online, trasformando i loro occupanti in figure pubbliche la cui persona è costruita attraverso gli oggetti mediatici esposti nelle loro stanze di streaming. La conferenza propone un'interpretazione della sala streaming come un particolare tipo di spazio espositivo, sempre mediato dalla superficie dello schermo digitale.
BIOGRAFIA
Dall'ipermedializzazione seguita alla rivoluzione digitale, gli spazi urbani si sono riempiti di schermi e le installazioni multimediali ricordano gli esperimenti di archeologia dei media e di videoarte degli anni Sessanta/Settanta. Questo intervento intende riflettere sulla mutata funzione degli schermi nello spazio pubblico, proponendo inoltre tattiche di resistenza contro l'ipertrofica mediatizzazione.
L'intervento parte dalla teoria delle finestre rotte di James Q. Wilson e George L. Kelling per collegare la gentrificazione dello spazio pubblico all’ipermediatizzazione, con l'obiettivo finale è quello di sottolineare le contraddizioni della produzione artistica e mediatica contemporanea. L’intervento è inteso come breve tutorial storico-politico su come autodifendersi e riappropriarsi dello spazio pubblico, attraverso la distruzione del display.
BIOGRAFIA
La vetrina, dalla metà dell'Ottocento in poi, incarna la manifestazione del consumo sotto forma di immagine. Nel sistema di relazioni che si stabiliscono tra le merci esposte si può rilevare una tensione cinematografica, un diffuso cinématisme. Questo aspetto fa emergere la vetrina come un ulteriore schermo, parte della pletora di superfici che, sempre più spesso, popolano l'architettura urbana. Allo stesso tempo, l'inquadratura cinematografica è spesso debitrice di modalità di disposizione degli elementi proprie degli spazi di consumo. Questo intervento si propone di confrontare le architetture del consumo e il dispositivo cinematografico per rilevarne la contiguità. Indagherà da un lato la natura filmica dello spazio architettonico, dall'altro attraverserà lo spazio dell'inquadratura nella sua tridimensionalità. Partendo dalla concettualizzazione della materialità della superficie dell'immagine proposta, tra gli altri, da Giuliana Bruno e dall'intuizione dello spazio espositivo come campo di forze proposta dall'architetto e teorico Frederick Kiesler, si cercherà di attraversare la dimensione superficiale dell'esposizione di beni ed elementi nel fotogramma cinematografico, con lo scopo di portarne alla luce le ideologie nascoste.
BIOGRAFIA
L’apparizione dei meme ha inaugurato modi di comunicare, interagire e creare inediti: da semplici “immagini divertenti”, o eredi delle vignette, negli anni i meme hanno assunto un ruolo sempre più centrale e autonomo, tanto nelle conversazioni quotidiane, quanto nella creazione artistica. Ciò accade perché, nella sua icasticità, un meme può funzionare come locuzione o proposizione, come reazione o risposta a una domanda, come commento o analisi di un qualunque fatto, anche complesso: una specie di semio-pastiglia solubile che, una volta immessa nel display e nel discorso, è in grado di rilasciare una dose espansiva di senso e informazioni. Lo stesso vale per i risvolti artistici dell’apparizione dei meme: dall’essere creazione fondamentalmente anonima e esclusivamente umoristica, frutto del grande inconscio collettivo di internet, il meme funziona sempre più come un readymade o un found object digitale, diventando l’opera di uno o più individui con una precisa agenda politica, talvolta con una propria cifra stilistica, e dunque riconoscibili in quanto autori, se non veri e propri artisti e attivisti digitali. Una delle domande possibili è se l’immissione dei meme nel linguaggio corrente e nell’esperienza dell’arte implichi un arricchimento o un impoverimento di questi ultimi: da un lato si è aperta una breccia in un territorio di combinazioni potenzialmente infinite, dall’altro questo territorio rimane confinato alla sfera (ancorché immensa) dell’ironia. Partendo dal caso specifico di MEME MANIFESTO, mostra del collettivo Clusterduck presso la Villa Arson a Nizza (2022), e ripercorrendo le tappe salienti del dibattito italiano e internazionale sulla memetica e la “memestetica” (Tanni, 2020), questo intervento intende esplorare le possibili condizioni di esistenza dei meme oggi: dall’essere semplici funny pics, all’assumere le forme (visive, letterarie, sonore, etc.), i registri e le estetiche più varie; dalla circolazione anonima su forum online e social media, all’esposizione in centri d’arte contemporanea.
BIOGRAFIA
Dopo anni di targetizzazione emotiva, fake news, “troll farm”, deepfake e complotti strumentalizzati dalla propaganda, non solo ci troviamo in uno stato di sospetto permanente, ma l’adattamento ci ha portato a muoverci da un universo finzionale all’altro come se il mondo online fosse un gigantesco LARP che dilaga nelle nostre vite quotidiane. Cosa succede quando la nostra realtà diventa ipermediata? E come hanno reagito le comunità online, soprattutto coloro che vivono “cronicamente online”? Come ci si muove in un universo dove tutto potrebbe essere falso? Cerchiamo di capirlo insieme, tra assistenti robotiche, fake influencers, AI Generative e l’incessante lavoro di ricerca e archiviazione del collettivo Clusterduck.
BIOGRAFIA